CineArte on line 2007 - 213 - page 24

LETTERAAPERTAAD UN FIGLIO VIRTUALE
di Vittorio Di Giacomo
Carissimo, dimentica per una volta che io che ti scrivo (a te personalmente, ma col pensie-
ro ai tanti come te) possa essere per età ed esperienza tuo padre. Ma ti prego: metti da parte
quel moto di insofferenza che ti scatta dentro quando mi accingo a parlarti. E fa conto – con un
piccolo sforzo d'immaginazione – che io scriva a me stesso: al ragazzo che fui ma che ancora
oggi è in me, se è vero come è vero che anche solo nell'ambito di CineArte on line non si con-
tano i giovani con i quali, rispondendo ai loro quesiti e ai dubbi, si è instaurato un dialogo aper-
to, in sintonia di giudizi e d'intenti.
Ti dirò allora che, ciò che oggi mi preme, è di farti una domanda non più da padre però, ma
da amico che condivide i tuoi problemi; e dunque a me stesso. Ma guardati prima allo spec-
chio: non quello di casa, ma lo specchio della tua coscienza se non è troppo buio per leggervi
dentro e dimmi con tutta franchezza: sei assolutamente certo che quella voglia di sballo che hai
provato anche tu (t'è andata bene, credimi); che quella smania che ti prende di sfuggire a te
stesso, di annullare dubbi e incertezze, insicurezza e noia ricorrendo a un bicchiere di troppo,
a un pizzico di polvere, ad una pillola dall'aspetto innocuo (quando non sia di organizzare una
bravata di gruppo o di premere un acceleratore all'eccesso); sei assolutamente certo, torno a
domandarti, che siano questi i rimedi efficaci? Che sia questa la medicina che la tua condizio-
ne esige, tanto da scommetterci su? E pensi pure, per restare alle cose di tutti i giorni, che clic-
care automaticamente Internet in cerca del feeling con uno sconosciuto lontano (maschio o
femmina che sia); che gli stracci alla moda che indossi o il taglio dei capelli che inalberi – il
tatuaggio che fa della tua pelle una carta geografica, il piercing che inorridisce i benpensanti –
siano per davvero i contrassegni di una identità senza eguale o il titolo di una personalità che
emerge dal gregge che detesti? Gregge nel quale, tuttavia, sotto mentite spoglie tu pure spro-
fondi senza riscatto. E neppure te ne accorgi. Intendo il gregge degli “omologati”, che una stra-
tegia elaborata nei santuari del dio-mercato, va senza sosta programmando a tuo danno, aven-
do per guida solo una voracità senza freni.
Mettiamo allora che tu abbia accettato di scommettere, ed abbia perso. E a questo punto, in
balia di un te stesso divenuto ostile, mutilato com'è delle sue protesi, tu vada invocando: “Che
cosa posso fare? ”. Non è facile risponderti, poiché ciò che mi sembra di poterti suggerire – e
nulla più che suggerire – è di provare a mutare giorno dopo giorno, ora per ora, in quantità
omeopatiche, il tuo rapporto con le persone e le cose che ti circondano. E di provare a farlo
usando per cominciare, come un nuovo nato alla luce, la tastiera armonica dei cinque sensi, non
più umiliati ma resi vigili: respirando a pieni polmoni, ascoltando suoni e voci, acuendo lo
sguardo, assorbendo messaggi vaganti a cui rispondere. Recuperando cioè, con la mente ed il
cuore, anzi tutto il tuo corpo come presenza (grata) a te stesso e relazione (consapevole) con
l'altro: il cosmo, gli umani, il mondo animale, la natura madre e sorella. In breve, con tutto ciò
con cui ti sarai imbattuto lungo il cammino o che avrai saputo ricercare con una inedita ed esal-
tante purezza d'intenti, per arricchire la tua esperienza di vita.
Con il tempo, il mio augurio è che tu riesca a ritagliare nella tua giornata – già inerte o affan-
nosa – perfino la pausa del raccoglimento, anche breve ma intenso; e in codesto rifugio non più
della sola mente ma di tutta l'anima, avendo amico il silenzio, tu possa dare motivo alla memo-
ria, ed all’ immaginazione che le trasmette colore e calore, di offrire su di un piatto d’argento,
con meraviglia, il senso e la dimensione di ciò che dura oltre l'istante. A questo punto potrai
dirti giunto con naturalezza e spontaneità (e qui l'affetto per te, fa dell'augurio la meta del pos-
sibile) alla soglia della via stretta ma diritta, il cui traguardo s'illumina dei riflessi dell'Arte: arte
compagna nelle ore difficili con i suoi miraggi di bellezza, metafora tutta nostra dell'eterno. A
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