CineArte on line 2007 - 213 - page 19

Una postilla
Già, una postilla sul paesaggio in pittura: per dire, cioè, di quel genere d'arte che, già prima
di essere espresso e teorizzato dal vedutismo spaziale e atmosferico sei, settecentesco – per
esplodere quindi con il romanticismo, il simbolismo e l'impressionismo del secolo XIX – aveva
arricchito di memorabili sfondi la pittura figurativa e prospettica della Rinascenza (da
Giovanni Bellini a Leonardo, quanto meno) aprendo allo sguardo i fabulosi scorci di un aldi-
là, cosparso di miraggi paesaggistici, nel segno indefinibile di una terrestre trascendenza.
Ma pur essendo questi ora evocati, esempi del più alto livello, va ricordato che il paesaggio,
anche solo per cenni o citazioni, è una costante plurisecolare della pittura dell'Occidente. Una
svolta in negativo si verifica solo con le avanguardie novecentesche: quelle storiche, per
incompatibilità di visione temporale, effetto dello stralunato ostracismo futuristico della
memoria storica; ma, più ancora, con le neoavanguardie (o retroguardie?) di una poetica ispi-
rata dal mercato e dalla tecnologia, esportata nelle sue varianti dagli USA. Contestualmente,
il paesaggio in pittura viene sottratto ad ogni forma vitale di visibilità, per diventare snobisti-
co dileggio. Ciò va ricordato per dire che un ritorno al paesaggio, oggi, in forme non ripetiti-
ve o scontate, bensì motivate interiormente, non è argomento da confinare in una cronaca
occasionale; piuttosto da registrare come un evento storico su cui riflettere. Ed è ciò che avvie-
ne sotto i nostri occhi stupiti e ammirati con l'arte spontanea, eppure coltivatissima, di uno dei
rari talenti pittorici emergenti ai giorni nostri: il giovanissimo Giulio Catelli. Questi è da
segnalare come il detentore, nella sua sorridente modestia, di una indipendenza temperamen-
tale e creativa collaudata e consapevole; certo, non di semplice auspicio. Abbiamo così deci-
so di proporre alla vista di voi tutti una silloge minima per numero, di tre soli esemplari, ma
autenticamente rappresentativa. Non ci mancherà, volendo, ne l’agio nè il tempo di fantasti-
carci su.
A commento delle immagini d'arte di Giulio Catelli, avvertendo il nostro debito di conoscen-
za, riportiamo qui di seguito un brano esegetico, tratto dalle non poche e convinte pagine di
un critico, Guido Giuffrè, versato nella nitida grazia della scrittura:
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“Giulio Catelli dipinge paesaggi e figure. Li suggeri-
sce, appunto, ma univocamente; ne mantiene gli
umori più che i tratti. A volte infatti fatichi a ricono-
scere l'albero o il piano, credi di distinguere una casa,
ti perdi nella distanza, o tra abbagli e penombre cogli
un anfratto, un cono d'ombra – finché slarga il cielo
o dilaga la notte. Ma ti accorgi subito che non è que-
sto il punto: di chiamare per nome il muro o il cespu-
glio; è piuttosto di respirarne il senso e ritrovarlo in
te, riviverlo – frutto della condivisa esperienza: di chi
almeno sia aduso a cercare e cogliere, amabile o
aspro che sia, il sapore delle cose oltre la loro appa-
renza”.
Foto di G. Catelli
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