CineArte on line 2007 - 213 - page 257

SI FA PRESTO A DIRE FESTIVAL
di Gennaro Colangelo
Direttore Artistico del Festival
Incontro fra le Arti
Gli antichi rappresentavano lo spirito della città,
con quel tanto di vaghezza e quel tanto di precisione
che l’operazione comporta, evocando i nomi
degli dei che avevano presieduto alla sua fondazione.
(…)Una città può passare attraverso catastrofi e medioevi,
vedere stirpi diverse succedersi nelle sue case,
veder cambiare le case pietra per pietra, ma deve,
al momento giusto, sotto forme diverse, ritrovare i suoi dei.
ITALO CALVINO, 1975
L’Italia è il paese delle cento città e degli oltre ottomila comuni, ma negli ultimi dieci anni
assiste alla proliferazione di rassegne di ogni genere, che sono pur sempre preferibili al vuoto
ma spesso eccedono nell’intento autocelebrativo. Qualunque manifestazione raffazzonata pre-
tende di fregiarsi del termine festival: in base a dati recenti esisterebbero oltre milletrecento
festival sparsi nella penisola e spalmati nel corso dell’intero anno solare, la maggior parte dei
quali concentrati fra giugno e settembre, in coerenza con l’originale invenzione italiana dello
spettacolo all’aperto, favorita dal clima e dall’utilizzo della natura come verde attrezzato fin
dal XV secolo. Ultimo nato nella grande famiglia il Festival del poker, a Venezia in prima edi-
zione, di cui a chi scrive sfuggono le profonde motivazioni socio-culturali. Se analizzassimo le
caratteristiche delle rassegne che si (auto) fregiano di questa definizione probabilmente nean-
che il 10% la meriterebbe: prescindendo per un attimo dalla definizione del De Mauro di
«manifestazione artistica musicale, teatrale o cinematografica che si svolge periodicamente in
una città », evidentemente riduttiva ma consegnata al dizionario italiano dall’uso, intendiamo
qui distinguere come festival un insieme di eventi coordinati fra loro, e non semplicemente
assemblati, che rispondono a un progetto ben definito. La maggior parte degli eventi artistico-
culturali italiani sono invece organizzati da impresari che assumono l’incarico previo accordo
con amministratori locali, per gestire determinati spazi a scopo ricreativo, traendone un profit-
to sulla base degli incassi e versando una percentuale per l’utilizzo degli spazi pubblici; natu-
ralmente non si intende qui condannare l’impresariato privato, ancora indispensabile nel siste-
ma italiano, ma occorre distinguerlo dalla istituzionalità della direzione artistica. Le due fun-
zioni sono nettamente separate: l’impresario è un produttore che esercita un rischio d’ impresa
con il legittimo scopo del guadagno, ed è quindi interessato a investire sotto il profilo della
quantità, più che su quello della qualità dei prodotti offerti a enti, associazioni, gruppi che lo
contattano. Il direttore artistico è invece un creativo che pensa l’idea progettuale e la gestisce
sulla base delle sue metodologie e delle sue relazioni, allocando le risorse disponibili fra il
team
organizzativo e le scelte artistiche, assumendosi la responsabilità di esse. Per questi motivi
l’impresario fonda il suo potere sulle capacità economiche che gli consentono di anticipare
somme spesso consistenti sulla base della contrattazione artistica, rifacendosi abbondantemen-
te sui contributi pubblici che dopo un lungo
iter
burocratico integrano gli incassi ottenuti tra-
mite sbigliettamento; è perfino ovvio aggiungere che in tal modo gli enti che erogano denaro
pubblico finiscono col pagare molti eventi ben più del loro valore di mercato. Viceversa un
direttore artistico fonda il suo prestigio professionale sulla rispondenza fra la progettualità che
imposta e l’effettiva resa spettacolare degli eventi; il costo di essi è perfettamente documenta-
bile e il suo compenso è correttamente predeterminato in bilancio sulla base della consuetudi-
ne che assume valore normativo.
Evidentemente a molti impresari è del tutto indifferente il sito di rappresentazione, dispo-
nendo dei mezzi per allestire anche in un quadrivio privo di ogni logica scenica, pur di conqui-
stare quelle che in gergo si definiscono “piazze”. Al contrario i direttori artistici professionisti
ripensano l’anima dei luoghi, sanno che i valori condivisi sono fortemente identitari e program-
1
1...,247,248,249,250,251,252,253,254,255,256 258,259,260,261,262,263,264,265,266,267,...526
Powered by FlippingBook