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LA COMPAGNIA DI SAN GIUSEPPE DI TERRASANTA
Se era già scritto nella logica degli eventi che i fermenti innova-
tivi dell’Illuminismo settecentesco, già vivaci sul nascere e poi
dirompenti in ambito politico e socioculturale, dovessero esplo-
dere al fine nel tragico sconvolgimento della Rivoluzione, è del
pari incontestabile (per unità di giudizio) che a nessuno, istituzio-
ne o singolo, sarebbe stato consentito di muoversi ed operare con
rigida coerenza – rispetto al rinnovato epocale contesto settecen-
tesco – facendo leva soltanto sulla eredità culturale inscritta nei
parametri di una pur travagliata tradizione. Tanto di più, quanto
più codesta tradizione fosse radicata negli inviolabili principî di
un
Assoluto
, come nel caso della Chiesa cattolica romana.
Ma tanto più arduo, di conseguenza, è il farne storia oggi, senza
perdere di vista, insieme con l’orientamento ideologico di fondo,
la inevitabile, trascorsa dialettica fra il passato e il presente, fra il
presente e l’immaginario futuro, con tutti i risentimenti che un
simile trapasso di civiltà comporta. È, codesto, il caso occorso
allo storico cui è dedicata la nostra presente nota: Vitaliano
Tiberia, che esercita la sua specifica competenza storico-artistica, oltre che nei quadri ministe-
riali, nella carica di Presidente della
Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei
Virtuosi al Pantheon
, che lo induce da qualche anno – per vocazione espressa e ferma volontà
di studioso appassionato – a riproporre al lettore moderno, nelle grandi linee e nel dettaglio, i
fatti, le persone, gli eventi, le prospettive, gli sfondi del sodalizio d’arte e di fede dei
Virtuosi
:
pittori, scultori, architetti, noto nel secolo XVIII (cui è dedicato l’odierno, quarto volume della
monumentale opera di Tiberia
1
), con l’arcaica denominazione di
Compagnia di San Giuseppe
di Terrasanta
. Gli anni sono dunque quelli compresi fra il 1700 e il 1799, fra il pontificato di
Clemente XI Albani e quello di Pio VI Braschi. Un arco di tempo che, a prescindere dalle
vicende quotidiane della futura
Accademia
, vanta la presenza a Roma, sullo scorcio del seco-
lo, di personalità come quelle di Mengs, Canova, David, Goethe, Alfieri, Verri, Monti.
La maestria del nostro storico, di cui va sottolineata la colloquiale naturalezza del narrare,
emerge singolarmente nell’attitudine a fondere il generale (della scena) con il particolare (della
battuta); il profilo istituzionale con l’evento marginale (ma sapido); il giudizio etico-politico,
nutrito esteticamente (che induce l’autore a mettere in chiaro l’identità culturale cristiana fon-
data sulla tradizione, ma anche sul mutare dei tempi e delle circostanze) con l’occasionale epi-
sodio aleatorio al margine con l’aneddotica. Gli uni e gli altri denotanti la padronanza di chi
plasma il materiale storiografico, avendone nutrito l’immaginazione nell’atto di ripercorrerne
l’orizzonte di senso nella sua variegata e variopinta incidenza.
I titoli dei capitoli, infine. Nella loro rispettiva, particolareggiata definizione, essi costitui-
scono l’indispensabile ritocco espositivo, che solo i margini di tempo e di spazio concessi ridu-
cono forzosamente. Eccoli, nella loro rispettiva, preziosa autonomia:
1. IL CONTESTO SOCIOPOLITICO ROMANO NEL XVIII SECOLO
2. PAPI E CULTURA A ROMA NELL’ ETÀ DEI LUMI
3. LA COMPAGNIA DI SAN GIUSEPPE DI TERRASANTA NEL XVIII SECOLO
4. GLI ARTISTI VIRTUOSI DEL PANTHEON FRA CLASSICISMO TARDOBAROCCO
E NEOCLASSICISMO
Completa l’opera il
DIARIO
a cura di Sabina Carbonara Pompei e Federico Trastulli.
Vittorio Di Giacomo
1
– Vitaliano Tiberia,
La Compagnia di San Giuseppe di Terrasanta, da Clemente XI a Pio VI
, introduzione di
Gianfranco Ravas i, Mario Congedo Editore, pp. 700.
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